E' a tutti ben nota la recentissima azione bellica di Israele contro la flottiglia internazionale con dichiarati aiuti umanitari per i Palestinesi, che aveva forzato il blocco navale imposto da Israele dopo la salita al potere di Hamas, con 10 morti.
Lasciando perdere il merito della questione con i relativi contrastanti pareri in proposito, che ci porterebbe troppo per le lunghe in questa sede, il punto è un altro.
Posto che a Milano si è formato, oggi, intorno alle 7 di sera, non so quanto per spontaneità e quanto per organizzazione, un corteo molto nutrito e compostissimo, per la verità (l'ho seguito per un pezzo - la polizia seguiva e, appartata, sorvegliava), che, partendo da piazza S.Babila, percorreva tutto Corso Europa e via Larga, via Albricci, fino a piazza Missori, coprendo contemporaneamente tutti questi luoghi e continuando verso piazza Duomo, per protesta contro l'episodio suddetto, composto da palestinesi residenti in Italia, tra cui molte donne e bambini, organizzazioni pacifiste, qualche bandiera veterocomunista e qualcuna di vaga ispirazione socialista, cittadini comuni, bandiere di emergency, qualche sigla sindacale, qualche rappresentanza studentesca, con slogan, canti e striscioni severamente critici o contrari, alcuni molto contrari ad Israele e ai suoi attuali governanti,
la domanda è:
Se io sono un giornalista devo parlarne? Devo fare una cronaca adeguata di questa manifestazione, rispondendo al mio compito di informazione, oppure, valutando, in ipotesi, negativamente il fatto, disdicevole, non condivisibile, socialmente inopportuno, fomentatore di ulteriori proteste che potrebbero mettere in crisi l'ordine pubblico, che è pure un valore da salvaguardare, devo ignorarlo, tutt'al più glissare, diventando in tal modo, parte in causa, soggetto politico partecipe, condizionante?
Come si risponde a questa domanda e con quali argomentazioni?
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Secondo me, si. Un giornalista deve assolutamente parlarne, cercando di essere imparziale (obbiettivo è impossibile), trattando cioè l'episodio con lo stesso rigore che attuerebbe nel testimoniare qualsiasi altro evento, limitandosi il più possibile ai fatti, e cercando di non esprimere opinioni personali, per quanto più gli sia possibile, che fuorvierebbero i fatti in oggetto.
RispondiEliminaNel fare ciò è indispensabile la buona fede: qualità sempre più rara. Come del resto l'imparzialità...
Comunque la risposta è si. Se tu sei un giornalista devi parlarne.