FRANCIA = 14 luglio
ITALIA = 25 aprile
Quello che per la Francia è la
celebrazione e la grande festa del 14 LUGLIO 1789, deve essere e sarà per
l’Italia, il 25 APRILE 1945; la giornata della “memoria condivisa”, come ha
detto il professore e storico Guido D’Agostino, in occasione dell’incontro con
la cittadinanza e con i giovani, organizzato, proprio per la ricorrenza,
dall’Associazione “25 APRILE” di Nola. La strada è giusta, l’indicazione è
quella, ma il percorso si sta appena svolgendo, è ancora tutto da compiere.
Il 25 aprile à una festa tutta
italiana; non ci sono alleati qui, non ci sono francesi, polacchi, maghrebini,
e così via.
La LIBERAZIONE dell’ITALIA è, con
tutta evidenza, un concetto generale, al di là del dato storico della
proclamazione ufficiale dell’insurrezione, da parte del Comitato di Liberazione
Nazionale dell’Alta Italia.
Liberazione, prima di tutto dal
Fascismo, che fu imposto in Italia, non con il confronto e l’affermazione delle
idee, ma con manganellate, olio di ricino, arresti, minacce, ricatti;
altrimenti mai il pacifico, agreste e faticatore popolo italiano lo avrebbe
accettato;
Liberazione dalla guerra che
mordeva e dilaniava l’Italia, vite, gioventù, ad opera dei Tedeschi e degli
Alleati, da una parte e dall’altra, e dalla conseguente spaccatura dell’Italia
in due o tre tronconi e la guerra civile tra figli della stessa Patria;
Liberazione dalla vergogna, dalle
umiliazioni, gli stupri e le violenze che non ci furono risparmiate dagli
Alleati stessi, il disprezzo e la diffidenza che fatti concreti, come la
battaglia di Monte Lungo l’8 dicembre del ’43 e gli altri eroismi del rinato
Esercito Italiano e le aspre e sanguinose lotte partigiane, non bastarono a
riscattare; l’”americanizzazione” del Sud Italia con tutto quello che comportava
in termini di perdita d’identità e di dignità (ricordate Kundera
“L’insostenibile leggerezza dell’essere”? Dove a tutto questo, si preferisce
addirittura il rientro nell’autenticità e la sofferenza del Regime Sovietico
imposto);
Liberazione della Cultura, delle
Arti, della Letteratura, in un Paese che usciva malconcio, ma era tutto da
ricostruire, da rifondare, con tutte le ovvie e comprensibili contraddizioni e
battute d’arresto, ma con l’opportunità di vivere davvero e di crescere, che
prima non c’era perché soffocata, calpestata, ritenuta veleno e non forza,
vigore, gioventù del Paese.
La Festa della Liberazione è,
quindi, la FESTA di TUTTI gli ITALIANI, affratellati dalla Storia; dire che
essa è la celebrazione della sconfitta dell’Italia è una grande menzogna e stupidità
messa in giro artatamente dai “soliti” destrorsi, o ritenuta in buona fede
tale, per ignoranza o insulsaggine.
Da questo bisogna uscire.
La Giornata della LIBERAZIONE,
preceduta da un anno e mezzo di eccidi, stragi, massacri di civili, ritorsioni,
vendette anche, dall’8 settembre del ’43 giorno della sciagurata e ottusa
ufficializzazione, senza procedura e senza strategia, di quella che era, con
ogni evidenza, una inevitabile resa dell’Italia agli Angloamericani, al 25
aprile del ’45, che precedeva di pochi mesi la totale fine delle ostilità, è, e
non può che essere, una FESTA di canti, danze, sventolii della bandiera
italiana, gioia popolare, come dovette essere allora. MA DOVE SONO?
LIBERAZIONE anche
dall’inettitudine di una classe politica e dirigente perdente nell’animo, prima
che sul campo, perché formata non sui criteri del lavoro, dell’attività,
dell’espressione, maturati e affinati dal confronto, dalla dialettica, ma
basati sull’adulazione di gerarchi e gerarchetti vari;
LIBERAZIONE anche dall’ambiguità
che molto spesso contraddistingue noi Italiani, figlia, soggettivamente,
dell’ambizione, dell’arrivismo, della paura di cadere in disgrazia, la cui cura
non può essere altro che la cultura, l’incoraggiamento, la giusta prospettiva,
che solo una Democrazia radicata, prospera, definitiva, può dare, non certo una
Dittatura, e oggettivamente dell’incertezza che non è certo solo un male
italiano, ma almeno bisogna vederlo, e qui c’entrano l’onestà intellettuale, la
scelta dei buoni maestri, la volontà altruistica come insegnamento, la visione
d’insieme delle cose, dei problemi, delle alleanze ecc.
QUESTO è stato, e di questo si
tratta; ma tutto questo deve ANCORA AFFERMARSI con convinzione e sentimento
schietto e diretto.
Il 25 Aprile è ancora GIOVANE
(come, tra l’altro, la folta partecipazione di giovani alla celebrazione,
nell’aula consiliare del Comune di Nola, conferma), altro che SUPERATO.
Una riprova di tutto ciò?
Prendiamo la SPAGNA:
il Franchismo non è stato come il
Fascismo ma ci è stato molto vicino; si è forgiato, a sua volta nel bagno di
sangue della Guerra Civile, e ha dato prova della sua virulenza, soprattutto
nella fase finale della sua Storia, con l’applicazione assolutamente criminale
della pena di morte.
Ebbene, è sopravvissuto 30 ANNI
al Fascismo, e sono stati 30 anni di arretratezza e inconsistenza
internazionale per la Spagna, che l’hanno portata sempre più lontano e ai margini
rispetto agli altri Paesi Europei, pur considerando che la Spagna non ha subito
gli ENORMI GUASTI bellici, materiali e morali dell’Italia.
Questo perché la Spagna non
ha avuto un suo 25 APRILE.
Quando poi a metà degli anni ’70
si è tolta dal groppone il peso oppressivo e marcescente di quella
amministrazione, quella mentalità, quella visione della vita sociale che, per
oltre 35 anni l’aveva ammorbata, ha avuto un boom, nel giro di un paio di
decenni in tutti i campi, dall’economia, alla modernità delle leggi, alle arti,
all’architettura, spettacoli, cinema, scienza, impresa, senza precedenti, che,
pur rimanendo essa afflitta da problemi forse maggiori, rispetto ad altri
Paesi, proprio per la sua storia pregressa, la colloca accanto alle altre
Nazioni europee, in condizioni di sostanziale parità, per il che Francisco
Franco che amava la sua povera gente, si rivolterà, probabilmente nella tomba.
Qui finisce questo mio breve
intervento, ma non finisce l’impegno, e concludo con un ultimo messaggio:
continuate così, con costanza e determinazione. Siate soprattutto voi giovani,
perché questo Paese è soprattutto vostro, a non lasciar cadere il testimone;
portatelo avanti e confrontatevi, rispondete a chi si attarda su vaghi elogi,
non della Destra che, in ogni Paese Democratico c’è e, in un Sistema di
Alternanza, contribuisce alla vita e al progresso dei cittadini, ma del
Fascismo o simili Regimi.
Rispondete per le rime, con cura,
con calma. La Ragione, alla fine, deve prevalere ed affermarsi.
Alberto Pesce Liguoro